
Telecamere nascoste: legittime se vi è sospetto di reato
Il 9 gennaio 2018, la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha voluto affrontare la questione “telecamere nascoste VS tutela della privacy dei dipendenti sospettati di furto ed ha voluto dare una risposta. Che valore di prova può avere la registrazione di una telecamera nascosta in caso di furto in azienda da parte di un dipendente? Queste registrazioni possono essere usate come prova per licenziare i dipendenti, soprattutto per contrastare un’eventuale opposizione al licenziamento? La Corte di Strasburgo risponde ha stabilito che “le riprese raccolte tramite telecamere nascoste possono essere usate in un processo riguardante il licenziamento, se queste non rappresentano l’unica prova a carico del dipendente”.
Quindi, seppure la telecamera nascosta sia ritenuta non regolamentare, le relative registrazioni che mostrano il dipendente colto in flagranza di furto possono essere utilizzate in tribunale se esistono ulteriori indizi e dimostrazioni di colpevolezza contro il lavoratore accusato di furto o altri reati. Questo perché, senza voler contrastare la Carta dei diritti dell’Uomo, la Corte di Strasburgo stabilisce che, per accertare un’eventuale violazione dell’equo processo riguardante il licenziamento, è necessario verificare tutte le circostanze del caso, incluse le prove video di telecamere nascoste se tali prove possono rivelarsi determinanti. Se i filmati non possono costituire la sola prova determinante per la decisione dei giudici interni, andranno ad aggiungersi a prove testimoniali ed altri elementi.
In breve: il licenziamento del dipendente colto in flagrante da una telecamera nascosta sul posto di lavoro si può considerare legittimo (anche se l’installazione della telecamera non è stata concordata con i sindacati e la direzione del lavoro né comunicata al dipendente) a patto che esistano ulteriori prove a suo danno come, ad esempio, la testimonianza di un collega o di un cliente.
Anche la Corte di Cassazione ha avuto modo di definire legittimo il licenziamento del lavoratore ripreso da telecamera non autorizzata
Con tutto il rispetto per la privacy dei dipendenti, non si può mettere in pericolo la produzione ed i beni dell’azienda ed evitare di punire eventuali furti. Se un dipendente viene ripreso da una telecamera mentre commette il furto in azienda, il filmato può essere usato contro di lui, rappresenta una valida prova del reato. Ne consegue la sanzione più che legittima del licenziamento. L’ha stabilito, con sentenza n. 10636/17 del 02.05.2017, la Corte di Cassazione. E’ lecito per un’azienda adottare “sistemi difensivi” senza dover chiedere in anticipo l’autorizzazione all’Ispettorato del lavoro o accordarsi con i dipendenti: può farlo in autonomia perché una telecamera volta ad evitare il rischio di furto, incidenti o altri pericoli per l’azienda non può essere considerata invasiva o lesiva della dignità e dei diritti dei lavoratori. Il datore di lavoro è anche libero di usare fotogrammi scattati dai sistemi a circuito chiuso come prova da portare in tribunale contro il dipendente sorpreso a rubare, che di conseguenza può essere licenziato per giusta causa (in tronco, senza preavviso).
L’obbligo di segnalare la presenza di telecamere (attraverso cartelli ben visibili) resta, ma la Cassazione si è dichiarata anche favorevole ad una “tendenziale ammissibilità dei controlli difensivi “occulti” in quanto diretti all’accertamento di comportamenti illeciti, ferma restando la necessaria esplicazione di attività di accertamento tramite modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti”. In due parole, le telecamere ‘occulte’ (ignorate, quindi, dal lavoratore) se non troppo invasive, rappresentano leciti “sistemi difensivi” volti a tutelare il patrimonio aziendale.
Sempre a proposito di controlli occulti, nel 2014, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25674/14 ha stabilito che sono legittimi i controlli occulti affidati ai detective se riguardano condotte del dipendente che coinvolgono il patrimonio della società (e non l’inadempimento della prestazione lavorativa). Anche in questo caso, la posizione della Cassazione non cambia: privacy e garanzie lavoristiche vengono meno quando è in gioco la sicurezza dell’azienda, l’integrità del suo patrimonio. E’incontestabile il licenziamento in tronco (senza preavviso) del dipendente sorpreso a rubare sul posto di lavoro. Le prove del reato possono essere fornite in qualsiasi modo, anche da un investigatore privato ingaggiato dal datore di lavoro che sospetta del dipendente (soprattutto se si tratta di cassiera o magazziniere). Visto che siamo in tema di ‘occulto’, ricorrere allo ‘spionaggio’ in carne ed ossa o ad una telecamera occulta cambia qualcosa? Pensiamo di no.
Riportiamo un’altra sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2890 – 22 gennaio 2015 che ha ritenuto possibile usare una telecamera nascosta sul luogo di lavoro come prova di furto in azienda commesso dai dipendenti. Il datore di lavoro, a questo scopo, può incaricare installare una telecamera nascosta sul posto di lavoro per scoprire eventuali reati (sottrazione di merce, furto di denaro dalla cassa). In questo caso specifico, l’uso della telecamera nascosta è assolutamente legittimo perché non ha finalità di controllare l’efficienza o prestazione lavorativa (vietata dallo Statuto dei lavoratori) ma di difendere il patrimonio aziendale “attraverso la documentazione di attività potenzialmente criminose”.
Le videoriprese possono, quindi, provare il reato del dipendente colto in flagrante mentre ruba denaro dalla cassa o merce dal magazzino per ottenere in tribunale il licenziamento per giusta causa del dipendente.
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